
RISPETTO
16 Luglio 2025Ci sono argomenti che spesso vengono tenuti a distanza, che pur facendo parte della nostra esistenza, tendiamo a rimuovere, a guardare solo se in qualche modo non possiamo fare diversamente.
Argomenti temuti perché portano con sé un senso di smarrimento, un senso di non senso, per lo meno se li affrontiamo su un piano orizzontale, dove l’attaccamento alla materia sembra essere l’unica cosa che conosciamo e che possiamo contemplare perché tangibile; temi scomodi che per quanto lasciamo altrove, ad un certo punto vengono a farci visita, portando alla luce la nostra umana finitudine, il nostro non essere mai del tutto pronti, anche quando crediamo di esserlo; argomenti che rivelano la nostra fugacità, ma che se potessimo affrontare anche in un’ottica verticale potrebbero cambiare significato.
Uno di questi argomenti è sicuramente la morte, quella che nelle carte dei tarocchi parla di trasformazione, ma ancora prima di distruzione. Ed eccomi qui a riflettere sulla grande trasformatrice, che nella mia vita ho conosciuto precocemente e che qualcun altro avrà conosciuto ancor prima di me.
Come un’ombra nera che di primo acchito confonde tutto e tutti, rivoluziona ogni ordine, genera caos, sgomento e dolore. Una caduta improvvisa di certezze, di idee, di convinzioni, di prospettive e perché no, anche di visioni; un momento di sconcerto dove ogni cosa sembra perdere significato e in cui chi resta cerca come può di arrabattarsi per trovare il modo di mantenere insieme i cocci di ciò che resta e ciò che resta non ha più la forma e la sostanza di ciò che era prima. Come se la grande trasformatrice delineasse una linea netta tra un prima ed un dopo e il dopo sarà comunque altro da quello che lo precedeva.
Così mi ritrovo io ora, a fare i conti con un dopo in cui spesso non mi ritrovo del tutto e non semplicemente perché ho affrontato un lutto, l’ulteriore di una lunga serie. Se avesse un titolo sarebbe “dopo mio padre” e sarebbe la storia di una donna che affrontando l’ultima perdita del suo nucleo famigliare, fosse alle prese con un nuovo e profondo ordine da dare sia dentro che fuori di sé. Un ordine fatto di priorità che spesso convergono contemporaneamente, dalle faccende burocratiche a quelle emotive, dalle scartoffie al cuore, dal dover fare al voler stare. Insomma un tempo pieno costellato da un senso più astratto, una sorta di vuoto che però vuoto non è, rassomiglia più a un terreno buio dove qualcosa sta avvenendo benché ancora non si sappia esattamente cosa. Una fase necessaria che richiede tempo, pazienza e la giusta tolleranza per poter portare a galla qualcosa di cui ancora non si conosce forma e sostanza.
So che potrebbe sembrare tutto molto greve e non nego di certo la difficoltà, ma ogni fine porta con sé un nuovo inizio, ogni perdita uno stimolo a comprendere più profondamente cosa sia davvero importante per noi, ogni cambiamento un nuovo assetto possibile, ogni dolore una presa di coscienza di quanto amore possa esistere dentro di noi. Ed ecco che dal primo sguardo orizzontale, fatto di tristezza, dolore, mancanza, spaesamento e tutti gli aggettivi che chi non ha sperimentato può ipotizzare e chi ha già esperito può aggiungere, si inizia a intravedere una prospettiva verticale, quella più ampia, quella che va oltre la materia, che di materico non ha nulla, qualcosa di intangibile eppure così denso di senso. Una visione che parla di processi, di vita, nel senso di saper stare nell’esistenza con tutto ciò che comporta e porta. Un passaggio evolutivo direi che abbraccia e non separa.
Attenzione a pensare che siano solo semplici parole, le ennesime di qualcuno che si erge a luminare, perché le esperienze vanno passate per essere colte davvero, vanno attraversate, evitando teorie qualunquiste, quindi sto scrivendo di me, della mia esperienza e di ciò che oggi posso dire, sostenere e quindi offrire a chi legge, magari come spunto, come stimolo per sostenere chi sia alle prese con un argomento così impattante.
Mi manca mio padre, mi mancano le sue parole, i suoi nomignoli, mi mancano le nostre discussioni, mi mancano i suoi abbracci e anche la sua testa dura, ma dentro il mio cuore lui è vivo, così come vivi sono alcuni suoi insegnamenti più preziosi, il suo modo di essere e tutto l’amore che è stato in grado di donarmi. Nel procedere oggi porto tutto questo dentro di me, così come porto tanto altro di mia madre, di mio fratello, di mio nipote, dei mie zii e dei mie nonni.
Qualcuno potrebbe obiettare che comunque non sia la stessa cosa, certo che non lo è, ma è qualcosa di più, qualcosa che va oltre, perché c’è un luogo dove tutto questo non ha fine ed è quel luogo troppo spesso ignorato, troppo spesso non considerato tanto siamo presi dalla frenesia del fare, dell’andare e del prefiggerci mille obiettivi, dimenticandoci che c’è qualcosa di molto profondo che risiede dentro di noi e che nessuno può toglierci, il nostro cuore; quel punto capace di contenere tanto, di accogliere tutto senza divisione, se solo dessimo lui ascolto anziché forzare, anziché voler che le cose vadano come noi decidiamo debbano andare e nei tempi che crediamo essere giusti. Le cose vanno come devono e secondo tempistiche che non decidiamo noi a tavolino.
Tempo, ci vuole tempo ed ognuno ha il suo.
Ed eccomi qui con il mio tempo, eccomi a procedere cercando la mia verità, lasciando andare passo dopo passo, tutto quello che oggi non può aiutarmi a camminare leggera, affrontando paure e resistenze, perché quando la grande trasformatrice giunge in qualche modo a farti visita, ha la grande capacità di far emergere tutte le tue fragilità, tutte le vulnerabilità che hai tenuto al di sotto del tuo livello di consapevolezza ed è qui che puoi finalmente guardarle in faccia, una per una, senza vergogna, senza condanna, semplicemente guardarle, conoscerle, maneggiarle e trasformarle per tornare pienamente alla vita, onorando non solo coloro che te l’hanno donata, ma anche te stessa per essere qui con la possibilità di sperimentarla, perché non farlo significherebbe sprecarla, rendendo vano anche la loro dipartita.
Ed ecco che la visione verticale inizia a prendere spazio, il senso della morte è forse la vita stessa. Vivere sapendo che è un’esperienza e come tutte le esperienze prima o poi finiscono. Come? Non è dato saperlo. Vivere al meglio oggi, come si può e con ciò che si ha e si con ciò che si è, con meno pretesa, con meno pesantezza, con meno giudizio, con meno attaccamento, con maggior accettazione del fatto che non possiamo capire tutto e che pretendere che le cose siano o vadano secondo i nostri schemi mentali ci porta solo una continua sofferenza. Lasciare andare una prospettiva più ristretta e razionale, che a ben guardare è puramente illusoria, per abbracciarne una più ampia e alta.
Due giorni fa una mia cliente mi chiedeva di supportarla ad avere una visione più positiva della vita che a suoi occhi risulta malevola con tutte le vicissitudini che pone lungo il nostro cammino, ma il piano orizzontale fatica a cogliere quello verticale; l’unica via che oggi posso donare, perchè ne sono testimone, è quella di tuffarsi nel dolore, di fare quel salto dentro anzichè ostinarci a cercare lenitivi immediati, attraversandolo con amore e rispetto verso noi stessi, così da poter guardare poi le cose dall’alto e guarda un po’ il paradosso, spesso quel salto lo possiamo fare proprio grazie alla vita quando ci mette in difficoltà, offrendoci l’opportunità di fare un passaggio.
Ecco oggi ai miei occhi il senso della grande trasformatrice, la trasformazione stessa, come in cielo così in terra.
Con amore