RISPETTO

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La grande trasformatrice
6 Ottobre 2025
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Credo sia illuminante conoscere l’etimologia dei termini, perché in essa è racchiuso un significato profondo che spesso ignoriamo.

Ed eccomi qui a riflettere sull’importanza della parola rispetto, un termine a me molto caro in questo momento della mia vita, una bussola per chiunque sia in viaggio alla scoperta di sé, per chiunque si appresti a camminare i passi volti all’armonia interiore, all’equilibrio e all’amore più prezioso, quello verso se stessi.

Non finirò mai di dirlo e di sostenerlo, non può esserci amore verso gli altri se non amiamo noi stessi; non può esistere il rispetto del prossimo se non rispettiamo noi stessi.

Ma procediamo per gradi e iniziamo dal significato etimologico del termine rispetto.

Rispetto deriva dal latino “respectus”, participio passato del verbo “respicere”, termine composto da “re”, che indica “di nuovo” o “indietro”, e “specere”, che significa “guardare”. Quindi, letteralmente, “respicere” significa “guardare di nuovo” o “guardare indietro”.

Guardare indietro o guardare di nuovo implica così una riflessione, una valutazione, un’attenzione che si rivolge a qualcosa o qualcuno, riconoscendone il valore, la dignità e l’importanza. In sostanza, il concetto di rispetto si sviluppa dall’idea di prendere in considerazione, di valutare attentamente qualcosa o qualcuno, evitando di trattarlo con superficialità o disprezzo.

L’etimologia di “rispetto” ci porta inevitabilmente a un concetto di attenzione, considerazione e riguardo, derivante dall’azione di “guardare indietro” o “guardare di nuovo” e riflettere prima di agire o di giudicare.

Siamo soliti chiedere il rispetto, in qualche modo lo pretendiamo dagli altri, ma in questo momento desidero soffermarmi sul rispetto rivolto a noi stessi, sull’auto-rispetto, su quella modalità, quell’atteggiamento, quello sguardo, che, partendo proprio dall’etimologia, racchiude in sé l’azione di guardare verso noi stessi e all’’invito a chi legge di iniziare, ammesso e concesso che non lo stia già attuando, di soffermarsi ed osservare quanto rispetto offre a se stesso.

Se guardi di nuovo a te, alla tua storia, ai tuoi vissuti, ai tuoi comportamenti senza giudizio, senza pretese, senza superficialità, riconoscendone il valore, riconoscendone l’importanza, cosa cambia? Se ti soffermi alle tue modalità, ai tuoi atteggiamenti anche presenti e li contestualizzi, perché il testo è nulla senza contesto, cosa riesci a cogliere? Avresti ancora un piglio critico? Una modalità dura verso di te? Oppure potresti iniziare a vedere che sei il frutto di ciò che hai sperimentato, di quello che hai appreso, di condizionamenti, di informazioni introiettate da chiunque abbia avuto un ruolo rilevante nella tua vita?

Badate bene, non per giustificare, ridimensionare o condannare, bensì per vedere, per comprendere e per accogliere, perché questo è il primo passo necessario per procedere verso l’armonia.

Se guardiamo nuovamente a ciò che viviamo anche nel nostro presente, alle dinamiche che magari si ripetono, agli incontri che facciamo, alle persone che ci circondano e anziché criticare sempre e comunque, ci soffermiamo un attimo a riflettere, cosa riusciamo a cogliere di noi e per noi? Se stiamo dentro anziché fuori, spostando lo sguardo, con rispetto, con un atteggiamento in grado di cogliere, di rivalutare, di accogliere, cosa possiamo vedere? Cosa c’è qui per noi? Quale informazione è presente al di sotto delle nostre umane reazioni che, per quanto automatiche e naturali, ci dominano con l’obiettivo di non farci sentire e quindi ci spostano dalla verità insita nel nostro profondo?

Se anziché evitare, stiamo con quello da cui continuiamo a fuggire, cosa cambia?

Rispettarsi significa darsi valore, significa mettersi al centro, spostare il focus di una questione dall’esterno all’interno, che sia il lavoro, l’amore o qualsiasi ambito della nostra vita, muoverci verso quell’unico posto in cui possiamo davvero fare la differenza, l’unico spazio di cui siamo davvero responsabili e dove risiede la nostra sovranità, intesa come libertà: noi stessi.

Non sto certo dicendo che l’esterno non abbia valore ed importanza, anzi, è il campo perfetto per sperimentare, per fare un passo in più, ma con la consapevolezza che rappresenta un mezzo, uno strumento utile per osservare con rispetto noi stessi. Rispettarsi significa chiedersi cosa quell’ambito lavorativo, quel partner, quell’amica o qualsiasi altra cosa sia, sta generando dentro di noi e iniziare da qui. Cominciare ad ascoltarci, termine tanto usato ma non così esperito nella quotidianità; iniziare a vedere quali bisogni si muovono dentro di noi, che sentimenti si attivano, quali emozioni sorgono, quali pensieri ci abitano e così via, senza massacrarci per questo, ma sostando con le nostre verità, anche quelle più scomode, con autenticità e onestà interiore. Le nostre verità, non quelle altrui!

Rispettarci significa così rendersi conto che qualsiasi cosa si muove dentro di noi ha un senso, ha un valore, ha una ragione di esistere, anche se spesso non ci piace, per poi scegliere se ciò che abbiamo riconosciuto è ancora funzionale per il nostro benessere, se ci appartiene davvero o diversamente è frutto di un vissuto, di qualcosa di interiorizzato e iniziare gradualmente a discernere, a lasciare andare quello che non ci appartiene più, che sia una modalità, un’immagine di noi, una credenza o altro ed esplorare cosa tenere o recuperare che per noi è importante, che ha senso adesso e può nutrire il nostro essere.

Ma come possiamo attuare tutto questo se non ci rispettiamo? Se non riusciamo a soffermarci e guardarci più da vicino, per poi criticarci per le scelte agite, spesso inconsapevoli di cosa le abbiamo mosse, per esserci traditi scendendo a compromessi senza cogliere a cosa stavamo dando attenzione quando lo abbiamo fatto e così via.

Attenzione però a non confondere il rispetto con l’orgoglio, perché l’orgoglio non accoglie, piuttosto giudica e separa, non tanto noi stessi dagli altri, ma noi stessi dalla nostra verità. Se mi rispetto colgo ciò che sento dentro di me e me ne occupo, ascolto profondamente cosa sto vivendo e che cosa quel vivere sta dicendo a me di me, così mi conosco con più profondità e posso scegliere come procedere per il mio bene, sganciandomi dall’altro, da ciò che l’altro dice, pensa o agisce, tornando nel mio potere personale, libero da una condizione di dipendenza dall’esterno, assumendo così il ruolo dell’adulto anziché del bambino.

L’adulto che sa cosa è giusto per lui, indipendentemente dagli altri, l’adulto che conosce il suo sentire e se ne fa carico, l’adulto che pur riconoscendo le sue paure, procede fiducioso perché sa che la libertà non è qualcosa di gratuito ed è disposto a correre il rischio, perché ha colto che il rischio più grande è perdere se stesso e la dignità del suo essere. Consapevolezze possibili nella misura in cui è stato un tempo sufficiente in contatto con sé, ha messo in campo il rispetto, ovvero un momento di sospensione di qualsiasi azione reattiva, e ha riflettuto, ascoltato e colto in profondità.

Può sembrare impresa ardua, in parte lo è, ma la bellezza che ne scaturisce dentro e fuori è pura magia; è questione di allenamento, così come fare ginnastica, come iniziare qualsiasi nuova attività che inizialmente ci trova un po’ impacciati, quindi ora immaginate per un momento di svolgere sessioni di auto rispetto quotidiane, di soffermarvi quando accadono situazioni che vi scomodano, che vi creano anche un leggero disagio e cogliete l’occasione per guardare di nuovo dentro di voi, potreste rimanerne stupiti e volgere verso una modalità di essere e stare più autentica con voi stessi e con gli altri.

La vita offre mille opportunità al giorno ad ognuno di noi, a maggior ragione attraverso le nostre relazioni, perché ricordate siamo esseri programmati per entrare in connessione e se quella connessione in qualche modo non l’abbiamo sperimentata e ricevuta, ora possiamo offrirla noi a noi stessi, non solo per sopravvivere, ma per vivere una vita improntata sul nostro bene, sull’amore, senza sentirci più soli, perché ad esserci siamo noi!

Photo credit Gaelle Marcel