Tempo

Sono solo parole
14 Dicembre 2023
RISPETTO
16 Luglio 2025
Sono solo parole
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“Tempo, comunque vadano le cose lui passa e se ne frega se qualcuno in ritardo
puoi chiamarlo bastardo ma intanto già andato”, così iniziava la canzone di Jovanotti, un testo conosciuto da chi, come me, appartiene alla generazione X.

E parto proprio da questo intro del brano per soffermarmi su un tempo che è stato e ora non è più e come tante cose che passano e non tornano portano con sé emozioni e sensazioni che a volte non vorremmo sentire. Eppure esistono, ci parlano, chiedono attenzione, spazio e un tempo di ascolto.

Ma noi insistiamo nel non voler sentire, ci ostiniamo a cercare le più svariate strategie, reagiamo in un moto perpetuo che non fa altro che allontanarci da noi stessi, quando va bene, e ammalarci quando va peggio.

Ogni giorno nel mio studio raccolgo testimonianza di quanto questa strategia porti solo ad una disarmonia dentro e fuori, a quante azioni disfunzionali, spesso inconsapevoli, siano messe in atto nel vano tentativo di anestetizzare ciò che nel profondo si muove, illudendosi che azzittire sia il mezzo migliore affinché quello che avvertiamo come disagio svanisca.

E se invece prendessimo quel tempo per stare semplicemente in ascolto, senza nulla fare? E se anziché combattere una battaglia già persa in partenza, provassimo a darci il permesso di rallentare anche qualche attimo e percepire più intimamente cosa di quel tempo passato, di quel momento andato, è qui ancora dentro di noi e cosa c’è in serbo per noi grazie a questo sentire?

Mi viene in mente il lutto, la perdita di qualcuno di caro e un sistema che di certo non supporta nell’elaborazione, nel prendersi un tempo, nel poter stare perché, quando qualcuno trapassa, chi resta è come travolto da mille incombenze burocratiche che non fanno altro che aumentare il distacco, non solo dal caro, ma da sé e lo dico con coscienza di causa.

Ma poi il tempo giunge comunque, che ci piaccia o meno; l’impellenza degli aspetti burocrati viene meno ed ecco che ciò che è rimasto in qualche angolo dentro di noi si ripresenta e lo fa portandoci il conto. Con un sintomo, con un umore, con una sensazione, poco cambia come, l’unica certezza è che torna a galla a prescindere dalla modalità. Possiamo procedere imperterriti, convinti che sia l’unica via o fermarci come faremmo ad un semaforo rosso e darci il tempo di stare, di sentire, di osservare, concedendoci una maggior libertà, dagli automatismi, da un sistema che ci vuole alienati e sconnessi seppur costantemente connessi; liberi anche da certi detti, perché è vero che può passare, anche se preferisco il termine trasmutare, ma solo se lo attraversiamo, solo se gli offriamo dimora, solo se gli concediamo spazio, ascolto, diritto di cittadinanza, allora sì che quel tempo non sarà perduto, ma avrà in serbo qualcosa di costruttivo e prezioso e quando passerà saremo soddisfatti perché sarà stato utile per liberare la nostra parte migliore, il cuore, alleggerendolo anziché ammutolendolo.

E’ il tempo di imparare a STARE!